Il Dalai Lama ed il diritto alla vita

 

 

Per quanto si possa essere d'accordo o meno, ad esempio, sull'allevamento intensivo degli animali a fini alimentari o voluttuari (avorio, pellicce, piumaggi e così via), per quanto la caccia possa essere considerata legittima o da abolire, per quanto si possa essere contro od a favore dell'eutanasia, dell'aborto o della pena di morte, un fatto è certo: a prescindere da qualsiasi tipo di motivazione, la soppressione volontaria di un essere vivente è sempre e comunque un atto violento e su questo non ci sono dubbi. Si tratta solo di stabilire se quel tipo di violenza sia giustificabile, ma non se si tratti di violenza o no, perché è palese che lo sia.

Il Dalai Lama ed il lamaismo (meglio conosciuto con l'impropria definizione di "buddismo" tibetano), ammettono e giustificano il ricorso alla violenza in circostanze secondo loro "eccezionali".

Il Dalai ed il lamaismo non hanno mai preso posizione di condanna verso alcuna forma di violenza che, secondo loro, possa avere avuto una "giustificazione", ma, ahimè, la violenza ha pur sempre una "giustificazione": se non altro, quella di chi la commette. Quindi, di fatto, la violenza non è mai condannabile per il lamaismo ed ecco perché vi fanno ricorso con sistematica regolarità.

Quando il Dalai richiama pubblicamente i suoi alla "non violenza", è solo perché sa che la violenza è un concetto estremamente inviso all'opinione pubblica dei suoi sponsor occidentali. Lo fa perché deve farlo, ma strizza l'occhio mentre lo fa: i suoi seguaci sanno bene che non sta dicendo sul serio, ma che sta solo compiacendo l'Occidente che lo sponsorizza, per continuare a riceverne le attenzioni e, soprattutto, i fondi.

Il Dalai, parla un linguaggio cristianeggiante non perché rifiuti davvero la violenza (abbiamo visto ed udito dalla sua viva voce sia in questo filmato, sia nei precedenti, come egli invece la giustifichi) ma per conformarsi ai valori popolari dell'occidente che lo sponsorizza e che, altrimenti, avrebbe serie difficoltà per continuare a farlo se solo egli dicesse -- come invece dovrebbe dire per coerenza con i suoi reali princìpi filosofici - che la violenza è un mezzo necessario per raggiungere il proprio intento. Il Dalai conosce molto bene il concetto di "violenza compassionevole" del buddismo Mahayana dal quale il buddismo tantrico lamaista discende.

Non lasciamoci confondere: il Dalai non è cristiano e se dice di credere alla fratellanza tra le genti, mente. Il Buddismo nasce seicento anni prima di Cristo, ma è stato Gesù, primo ed unico nella storia del mondo, a dire che tutti gli uomini sono fratelli. Nel Buddismo tradizionale, il concetto di fratellanza universale tra i popoli non esiste, tantomeno nel buddismo Mahayana. La fratellanza esplicata mediante il sacrificio di se stessi a beneficio degli altri e la non violenza, che da ciò inevitabilmente consegue, sono valori squisitamente cristiani, non affatto buddisti e per nulla lamaisti.